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- Rassegna Stampa
- 24 Feb 2009
Questo CD, “ Già le spade nemiche ”, il secondo volume dedicato da Luca Casagrande alle cantate a voce sola e basso continuo di Alessandro Stradella (Nepi, 1639 – Genova, 1682) è l’ennesimo gioiello ideato, diretto, prodotto e pubblicato dal baritono.
Cominciamo dalla grafica del CD: un piacere per gli occhi. I dipinti di Giambattista Tiepolo utilizzati in copertina e all’interno del digifile, raffinatissimo, non sono barocchi, appartengono, perlomeno virtualmente, al “ Rococò ”, ma si tratta di opere estremamente complesse e teatrali, mosse e coloratissime, che rimandano allo stile delle cantate di Stradella, stile molto avanzato per l’epoca, e richiamano il soggetto che dà il titolo al CD stesso: l’amore tra Antonio e Cleopatra. Il libretto è ben scritto, asciutto ed essenziale, e il contenuto molto preciso e chiaro, non si perde in chiacchiere inutili, va subito al dunque e di ciò mi complimento sinceramente sia con Casagrande, che ha scritto il primo saggio, sia con Filippo E. Ravizza, che ha curato il saggio sull’analisi delle singole cantate registrate.
Le cantate sono bellissime (musica e testi) e ritengo sempre più che davvero la produzione di questi dischi di straordinari inediti siano un contributo importante alla cultura musicale, e non solo a quella italiana. In tutta serietà, credo che un giorno il corpus delle produzioni discografiche di Luca Casagrande potrebbe essere menzionata nella storia della discografia e in quella dell’interpretazione sia per la qualità, sia per il coraggio d’infischiarsene delle più trite e viete regole di mercato vigenti.
Per quanto riguarda il canto di Casagrande: le cantate sono difficilissime. Innanzitutto per l’intonazione, che il baritono risolve perfettamente. In nessuna cantata si avverte ombra d’indecisione, i suoni sono precisi e taglienti nonostante gli sbalzi dal registro acutissimo a quello basso. La cantata “ Il Marc’Antonio ” è esemplare in questo senso, non credo che molti baritoni sarebbero in grado di cantarla risolvendo con la facilità di Casagrande queste escursioni di registro. L’interpretazione non è per nulla caricata.
La cantata “ Il Seneca ” è davvero cantata elegantemente, sarebbe stato molto più facile “ piangere ” (nel gusto alla moda dettato da una famosa gorgheggiatrice scalcagnata di cui non faremo il nome, tanto è immeritatamente conosciuta – e pagata – per i suoi berci gallinacei). Il testo, invece, viene recitato con un’intensità, che restituisce la statura morale del filosofo romano condannato al suicidio da Nerone. Questa intensità emerge proprio in quanto in contrapposizione alla cantata “ L’incendio di Nerone ”, in cui la voce riesce ad articolare in rapidità (anche qui intonazione e dizione perfette) il pensiero di un altro tipo di personaggio, e tocca, in alto, il La3.
La voce di Casagrande è in gran forma e la trovo leggermente scurita.
Spero che questo disco abbia il successo che merita.
La cantata “ Apre l’huomo infelice”, interpretata da Maria Carla Curìa, soprano lirico d’agilità di voce chiara, morbida nei centri e penetrante negli acuti e sopracuti, interprete di grande eleganza e commovente spontaneità di fraseggio, oltre che musicale e tecnicamente ferratissima, è l’ultimo gioiello del CD. Introdotta da un solo di clavicembalo che anticipa Bach, tant’è avanzato – a questo proposito, segnaliamo che Filippo Emanuele Ravizza è un continuista di rara eleganza e superiorità – prevede lunghi passi vocalizzati in tessitura acuta e il raggiungimento di note acutissime. Cantata di argomento morale resa con grande levità.
Ilaria Daolio
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